La dedica a Pier Cesare Bori non è un atto formale, ma parte integrante del film: un gesto in continuità e sintonia con il suo stile di ricerca.
Nato a Casale Monferrato (Alessandria) nel 1937, nel corso della sua formazione si specializzò in giurisprudenza, teologia e scienze bibliche prima di trasferirsi a Bologna nel 1970, dove entrò quasi subito all’Alma Mater come docente di Storia delle dottrine teologiche, poi di Filosofia Morale alla facoltà di Scienze Politiche e direttore, assieme a Gustavo Gozzi, del Master in Diritti Umani.
Nel corso della sua carriera accademica, Bori è stato anche visiting professor negli Stati Uniti, in Tunisia e in Giappone. Ha collaborato con il Master en religions et civilisations comparées della Facoltà di Lettere della Manouba (Tunisia). Nell’ultimo periodo della sua vita insegnò Filosofia morale e Diritti umani nella globalizzazione.
Bori si occupò anche di insegnamento in carcere, in particolare lavorò a lungo nel carcere della Dozza, dove nel 1998 iniziò un corso di Filosofia morale comparata, d’oriente e d’occidente, basato sull’approfondimento di testi di etica e storia delle religioni insieme a un gruppo di studenti. Quest’esperienza è stata raccolta in “Lampada a se stessi. Letture tra università e carcere” (Marietti, 2008).
L’etica interculturale – su cui ha pubblicato due libri “Per un consenso etico tra culture” (Marietti, 1995) e “Per un percorso etico tra culture” (Nuova Italia, 1996) – è stata uno dei suoi temi centrali e i suoi saggi più recenti sono raccolti in “Universalismo come pluralità delle vie” (Marietti, 2004).
Pier Cesare Bori è ricordato anche come “il filosofo che aveva insegnato ai detenuti” per il suo impegno per la pace e in difesa dei più deboli. Fu nominato titolare della cattedra Unesco per il pluralismo religioso e la pace prima di spegnersi a Bologna il 4 Novembre 2012, all’età di 75 anni.
Nel 2017, a cinque anni dalla sua morte, l’Università di Bologna ha omaggiato il suo ricordo con la mostra “Novantanove sguardi sul mondo“, una selezione delle sue fotografie scattate nel corso di tanti anni, durante i suoi viaggi in giro per il mondo.
Il lavoro di Pier Cesare Bori è stato fonte di ispirazione per la ricerca di Viaggio intorno al mondo, soprattutto i suoi testi di filosofia morale in chiave interculturale e i frutti del suo lavoro in carcere sono stati importanti nell’aiutare a costruire strumenti per il dialogo tra culture, tradizioni religiose e sapienziali.